Nel Gennaio del 1937 lo Stato Maggiore della Regia Aeronautica richiese alla SIAI Marchetti lo studio e lo sviluppo di un velivolo da destinare alla competizione aerea Istres-Damasco-Parigi.
La gara, organizzata dalla sezione francese della F.A.I., la Federation Aeronautique Internationale e prevista per il mese di agosto, era stata inizialmente pensata sulla rotta Parigi-New York; le resistenze iniziali e la successiva rinuncia degli Stati Uniti, costrinsero gli organizzatori a rivedere il percorso ridisegnandolo su una rotta che, mantenendo invariata la distanza, attraversasse il Mediterraneo utilizzando esclusivamente aeroporti in territorio francese.
La SIAI Marchetti rispose alla richiesta proponendo una versione appositamente concepita dell’allora nuovissimo S.79 e a tale scopo cinque esemplari furono prelevati dalle linee di montaggio delle serie militari, ridesignati come S.79CS (correntemente indicato come ‘Corsa’).
Rispetto alla versione militare standard, il ‘Corsa’ presentava diverse modifiche tra cui la soppressione delle postazioni dorsali e ventrali per i mitraglieri, l’aggiunta di serbatoi combustibile in fusoliera e l’ampliamento di quelli alari, l’allungamento della sezione centrale della fusoliera di circa 30 cm, l’integrazione di strumentazione aggiuntiva per motorista e marconista, la riprogettazione del pannello strumenti in modo tale da garantire una completa dotazione ad entrambi i piloti e, infine, l’integrazione di un pilota automatico Smiths per le lunghe navigazioni.
I motori erano gli Alfa Romeo 126 RC.34 da 780 CV che, pur essendo relativamente datati, davano garanzia di affidabilità e potenza unite a consumi ridotti.
Inoltre, in fase di decollo e per un periodo massimo di 5 minuti, sufficienti a raggiungere una quota di sicurezza, potevano disporre di una potenza superiore del 35% a quella normale.
I cinque velivoli così modificati furono consegnati tra il marzo ed il maggio del 1937, presi ufficialmente in carico e dichiarati operativi entro la fine di luglio dal 41° Gruppo del 12 Stormo Bombardamento Terrestre; questo reparto, nel 1936, era stato costituito a Guidonia appositamente per ricevere i primi S.79 consegnati alla Regia Aeronautica, e ne facevano parte i più esperti piloti provenienti dai reparti caccia.
All’epoca l’S.79 era molto più veloce di qualsiasi caccia in servizio e non si riteneva potesse essere assegnato a piloti abituati alle basse velocità, nell’ordine dei 200 km/h, proprie dei bombardieri dell’epoca.
Gli equipaggi, capitanati da Attilio Biseo e Bruno Mussolini, si allenarono sugli S.79 ‘Corsa’ fino alla metà di agosto; le prestazioni degli S.79 erano esaltanti, così gli equipaggi si convinsero che avrebbero fatto vedere ‘i sorci verdi’ agli altri concorrenti della Istres-DamascoParigi e proprio tre topolini verdi vennero dipinti sulle sgargianti fusoliere rosse degli S.79CS, diventando l’emblema ufficiale del Gruppo.
L’ultimo volo di prova fu compiuto dall’equipaggio Cupini/Paradisi il 17 agosto, giorno precedente la partenza per Istres.
Dopo altri due giorni trascorsi sull’aeroporto francese tra verifiche tecniche e riparazioni dell’ultimo minuto, la sera del 20 agosto i velivoli cominciarono a decollare alla volta di Damasco, dove giunsero intorno alle 4:00 della mattina; dopo una sosta per il rifornimento e un breve riposo per gli equipaggi, i velivoli ripartirono alla volta di Parigi.
La classifica parziale della gara vedeva in quel momento gli S.79 ‘Corsa’ ai primi cinque posti.
Il viaggio di ritorno fu caratterizzato da condizioni meteo pessime ma, nonostante tutto, alle 14:45 del 21 agosto i velivoli italiani giunsero sull’aeroporto parigino di Le Bourget chiudendo la classifica finale della gara al primo, secondo e terzo posto nell’ordine: “I-11” I-CUPA, ”I-13” I-FILU e “I-5” I-BIMU.
Al sesto posto si piazzava lo “I-6” I-TOMO, mentre lo “I-12” I-ROTR guadagnava l’ottava posizione.
Quest’ultimo velivolo, in particolare, era un normale S.79 di serie preparato in tutta fretta per la gara e, sulla tratta di andata, aveva fatto registrare una velocità media solo di poco inferiore a quella del “I-11”, risultato il più veloce.
La vittoria della Istres-Damasco-Parigi aprì la strada per la successiva impresa dei Sorci Verdi: un raid dall’Italia al Brasile.
Biseo e Mussolini, con la collaborazione del Capitano Moscatelli, iniziarono a pianificare la trasvolata che, oltre alla mera impresa sportiva, sarebbe stata un importante banco di prova per verificare la fattibilità di una linea aerea passeggeri tra Italia e Sud America.
Tre degli S.79 Corsa furono modificati per l’occasione e ridesignati S.79T, per Transatlantico, ricevendo nuovi codici identificativi ispirati alle iniziali degli equipaggi che li avrebbero pilotati: I-BISE (Biseo e Paradisi) I-MONI (Moscatelli e Castellani) IBRUN (Mussolini e Mancinelli).
Le modifiche agli apparecchi riguardarono la sostituzione delle eliche Ratier che sin dall’inizio del loro utilizzo avevano creato problemi e, soprattutto, la rimozione di un serbatoio da 600 litri in fusoliera, misura resa necessaria dalla presenza a bordo di un quinto membro dell’equipaggio.
Il 24 gennaio 1938 alle ore 7:28 l’impresa ebbe inizio con il regolare decollo dei tre trimotori dall’aeroporto di Guidonia alla volta di Dakar, raggiunta alle 18:15 dopo 4.500 chilometri di volo; il balzo transatlantico ebbe inizio alle 9:10 del giorno successivo e si concluse felicemente per i velivoli I-BRUN e I-BISE alle 22:45 con una media complessiva di oltre 400 Km/h.
Per l’I-MONI invece l’impresa si complicò a seguito di un malfunzionamento del passo dell’elica di uno dei motori.
Pur attardato il velivolo, divenuto bimotore, continuò tranquillamente il volo atterrando a Natal e facendo registrare una media di circa 300 Km/h, comunque superiore di oltre 50 km/h le velocità registrate fino a quel momento sull’Atlantico da apparecchi in perfetta efficienza.
Nel settembre del 1939 nacque così la Compagnia Aerea L.A.T.I. (Linee Aeree Transatlantiche Italiane), la quale iniziò i regolari collegamenti con il Sud America, purtroppo interrotti allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Tratto dal libro PIU’CENTO