Crediti

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Più Cento - Siai Marchetti

Più Cento – Siai Marchetti

 

Il libro PIU’CENTO – SIAI Marchetti, dal 1915 storie di uomini e aeroplani, da cui sono stati gentilmente concessi i testi e le immagini per questi racconti, è un libro di Luciano Pontolillo, Elena e Lorenzo Zeni, edito da Aviani&Aviani Editori, Udine, nel 2015.

I testi sono di Alberto Grampa (capitoli generali), Luciano Pontolillo (schede velivoli, schede personaggi, schede ‘speciali’ varie) e Lorenzo Zeni (S.211 ed Aerei di Carta)

Il progetto grafico è di Luciano Pontolillo.

La sezione 100 anni di SIAI su questo blog è un’idea di Marco Limbiati.

È stata curata, adattando immagini e testi dal libro, da Marco Limbiati e Lorenzo Zeni.

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La Sirena della SIAI

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Uscita degli Operai della SIAI Marchetti (Anni 30-40)

Uscita degli Operai della SIAI Marchetti (Anni 30-40)

Una testimonianza

Benché i numeri da soli non bastino a tracciare il profilo di una ditta come la SIAI Marchetti, a testimonianza della sua lunga e ricca storia restano i progetti completi degli apparecchi, le decine di record conquistati, le centinaia di migliaia di chilometri percorsi per i cieli di tutto il Mondo.

Con il tempo, purtroppo, si perdono progressivamente le memorie di chi in SIAI Marchetti ha lavorato e condiviso successi, delusioni e speranze, si corre insomma il rischio che la storia ufficiale rimanga l’unica testimonianza di qualcosa di più grande: la vita di migliaia di persone che quella storia ufficiale hanno contribuito a creare.

Le testimonianze che i tanti ex-lavoratori ci hanno voluto lasciare, con aneddoti di vita vissuta dentro e fuori l’azienda, a prima vista possono sembrare poca cosa rispetto alle gloriose imprese della SIAI Marchetti, ma sono in realtà la stessa essenza di quelle imprese, minuscoli punti – ‘pixel’ si direbbe oggi – che, insieme alle migliaia di ‘pixel’ delle
storie delle persone e dei velivoli SIAI, contribuiscono tutti con eguale importanza a formare l’immagine completa.

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L’Epilogo

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il Modellino del S.M.133

il Modellino del S.M.133

 

Gli ‘Aerei di Carta’

Concludiamo il nostro racconto con una panoramica, certamente non esaustiva, dei tanti progetti sviluppati nel corso degli anni e che, ognuno per svariati motivi, rimasero per sempre nei cassetti e nei sogni dei loro progettisti.

Nel difficile periodo del secondo dopoguerra la SIAI Marchetti, come molte altre aziende aeronautiche italiane, si trovò a dover fronteggiare una profonda crisi del settore aeronautico.

Nel tentativo di trovare nuove commesse per far ripartire la produzione, Alessandro Marchetti mise di nuovo alla prova il suo spirito di progettista visionario e innovativo.

Ecco quindi i caccia bimotori a reazione SM.10X e SM.133, entrambi interamente metallici.

Ma se l’elegante 10X sembra essere stato più un esercizio stilistico sull’onda dello stupore creato dai primi caccia a reazione americani e inglesi, il secondo, pensato forse per la specifica NATO del 1953 dal quale uscì vittorioso il FIAT G.91, era sicuramente più affascinante e anticonformistico: piccolo caccia intercettore dall’altissima velocità di salita e di crociera, con una grande ala a delta da realizzarsi in materiale composito, alette canard e i motori Armstrong Viper posizionati ai lati dell’appuntita deriva.

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L’S.211

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l'S.211

l’S.211

 

Il Velivolo

Una data importante per la SIAI Marchetti è il 10 Aprile 1981 quando vola alla Malpensa l’aviogetto siglato
S.211.

Si tratta del primo apparecchio a getto realizzato dalla ditta di Sesto Calende e sarà anche l’ultimo progetto di questa grande industria aeronautica che, negli anni ’90, vedrà la cessione delle attività aeronautiche all’Aermacchi così come previsto dal piano di riassetto e raggruppamento del comparto velivoli da addestramento ed il conseguente passaggio all’Agusta dello stabilimento di Vergiate.

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L’SF-260, Bandiera SIAI

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L’SF-260 fu progettato dall’ing. Stelio Frati agli inizi degli anni ’60 come sviluppo del precedente Aviamilano F.8 Falco; l’aereo avrebbe dovuto essere più moderno e ottimizzato per la produzione in serie.

Il progetto, denominato inizialmente F.250, fu acquistato dalla SIAI Marchetti che lo mise in produzione nel 1966 dopo alcune modifiche sostanziali tra cui l’adozione di un motore più potente.

Le ottime caratteristiche di volo unite a notevoli doti acrobatiche lo resero da subito un prodotto molto interessante, oltre che per il mercato civile, per le aviazioni militari in cerca di un velivolo dai bassi costi di gestione per equipaggiare le Scuole di Volo.

Venne quindi prodotta la versione “M”, a cui furono apportate modifiche nella strumentazione e che consentiva, tra l’altro, l’utilizzo di carichi bellici a scopo addestrativo mediante l’integrazione di due piloni subalari.

Nel 1980 volò la versione SF-260TP (Turbo Prop, turboelica), dotata di un motore con potenza di 350 hp, che nelle intenzioni della SIAI avrebbe dovuto affiancare la versione a pistoni migliorandone le prestazioni e facilitando nel contempo il supporto tecnico logistico; il successo commerciale però, nonostante le previsioni, è risultato ben più modesto rispetto al suo predecessore.

Nel 1976 l’Aeronautica Militare acquistò 45 esemplari di una versione appositamente realizzata per la Forza Armata, denominata SF-260AM e utilizzata dal 70° Stormo di Latina, in servizio fino al 2009 e poi sostituita con una versione ulteriormente ammodernata, denominata SF-260EA, questa prodotta da Aermacchi dopo l’assorbimento della SIAI Marchetti.

Oltre all’Aeronautica Militare italiana i maggiori utilizzatori del 260 sono stati la Libia, con 250 esemplari ordinati, e le Filippine con circa 60 tra esemplari con motore a pistoni e turboelica.

Il 31 luglio 2012 AleniaAermacchi ha consegnato allo Zambian Air Force and Air Defence Command il 900° esemplare prodotto, facendo dell’SF-260 l’addestratore italiano più venduto del dopoguerra.

 

Cinquant’anni dopo Balbo

Attenzione: questa è la pattuglia italiana. Gli spettatori rimangano seduti e abbassino la testa”.

Con queste parole il giorno 16 luglio 1983 Pat Ford, speaker dell’Air and Water Show di Chicago, annunciava l’esibizione acrobatica dei nove SIAI Marchetti SF-260 giunti in volo dall’Italia, cinquant’anni esatti dopo la Crociera aerea del Decennale di Italo Balbo, quando ventiquattro idrovolanti SIAI-Marchetti S.55X decollati da Orbetello raggiunsero in volo gli Stati Uniti.

L’idea di ripetere l’impresa prese spunto dalla necessità di consegnare i 9 velivoli a clienti statunitensi, i primi di un consistente lotto venduto in quell’anno oltreoceano.

 

Gli SF-260 della Transvolata

Gli SF-260 della Transvolata

 

Così il 3 luglio 1983, al termine della MAV (la storica Manifestazione Aerea di Vergiate), la pattuglia decollò dall’aeroporto di Vergiate per un volo di 8.000 chilometri fino a raggiungere la città di Chicago seguendo la stessa rotta polare percorsa cinquant’anni prima dagli Atlantici di Balbo.

Il capo formazione era il Comandante Floro Finistauri, pilota collaudatore della SIAI.

I nove SF-260C erano accompagnati da un G.222 della 46a Brigata aerea di Pisa, messo a disposizione dall’Aeronautica Militare con il compito di assicurare l’assistenza radio e di trasportare materiale e specialisti.

I velivoli presentavano una livrea bianca, il tricolore dipinto sulle semiali sinistre e sui corrispondenti piani orizzontali di coda.

Durante i due giorni della manifestazione di Chicago quasi 2 milioni di persone assistettero all’impeccabile repertorio acrobatico della pattuglia SIAI Marchetti, fortemente ispirato a quello delle famose “Frecce Tricolori”, reparto dal quale provenivano molti piloti del gruppo.

Al rientro dalla trasvolata, alcuni dei piloti protagonisti dell’impresa costituirono a Thiene, con quattro SF-260C, la pattuglia acrobatica civile delle “Alpi Eagles” che per molti anni a seguire sarà una presenza costante e apprezzata nelle manifestazioni aeree.

 

Floro Finistauri

Nasce ad Acquasparta, in provincia di Terni, il 20 giugno 1944.

Terminati gli studi liceali partecipa al concorso per Ufficiali Piloti dell’Aeronautica Militare e viene ammesso in Accademia Aeronautica nel 1963 con il corso “Borea 3°”.

 

Floro Finistauri alla guida di un SF-260

Floro Finistauri alla guida di un SF-260

 

Effettua il suo primo volo su un velivolo a getto, un MB.326, nel maggio del 1964; due anni più tardi termina gli studi in Accademia con la nomina a sottotenente Pilota e l’abilitazione al pilotaggio del FIAT G.91R e, successivamente, dell’F-104G.

Conseguito il grado di Maggiore nel 1973, è inviato a Istres, in Francia, per seguire il corso di Pilota Collaudatore Sperimentatore.

Rientrato in Italia con la nuova nomina, nel corso degli anni consegue oltre 60 abilitazioni su diversi tipi di aerei ed elicotteri sia civili che militari, oltre al brevetto commerciale di elicottero, prestando servizio fino al 1979 presso il Reparto Sperimentale dell’Aeronautica Militare basato sull’aeroporto di Pratica di Mare.

Lascia quindi la carriera militare per assumere l’incarico di Pilota Collaudatore presso la SIAI Marchetti.

Nel 1983 comanda la crociera atlantica per celebrare l’omonima impresa compiuta da Balbo cinquant’anni prima, effettuando un volo di ben 8.000 chilometri da Vergiate a Chicago con nove velivoli SIAI Marchetti SF-260C; durante un’esibizione acrobatica nel cielo di Oshkosh, Finistauri perde il controllo del suo velivolo che entra in vite e si schianta al suolo.

Gravemente ferito è ricoverato presso il locale ospedale dove poco dopo si spegne; al suo attivo, oltre 4.500 ore di volo di cui 1.000 sul bisonico F-104 “Starfighter”.

Tratto dal libro PIU’CENTO

Alessandro Brena ed i Suoi Velivoli

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Dopo la laurea al Politecnico di Milano è assunto presso la società Nardi nel 1954.

Qui collabora nella progettazione, sviluppo e prove dell’anfibio FN-333 Riviera il cui prototipo vola nell’ottobre del 1952 ai comandi del collaudatore Mario Stoppani.

L’azienda milanese però non è in grado di proseguire in questo programma e cede la licenza di produzione inizialmente alla FIAT e successivamente alla SIAI Marchetti.

Brena continua la sua attività seguendo il Riviera fino alla costruzione in serie, entrando a far parte dello staff dell’ufficio tecnico della SIAI Marchetti.

In quegli anni Brena progetta tutta una serie di aerei da caccia, da addestramento, da trasporto civile e militare, da turismo e da scuola; da menzionare il bimotore S.204 ad alte prestazioni in grado di trasportare 15 passeggeri e l’interessante trasporto militare S.201 con motori a getto orientabili.

Sempre di quel periodo è la progettazione degli impennaggi del biturbina G.222 per conto della Fiat Aviazione.

A partire dal 1967 Brena sviluppa un aereo scuola, l’S.202 Bravo realizzato poi in joint-venture con la svizzera F.F.A., e la famiglia degli aerei da turismo S.205 e S.208 fino ad arrivare al bimotore S.210.

Progettazione integrata per obiettivi, questo lo slogan adottato per anni da Brena, una metodologia di lavoro applicata in tutti gli ambiti aziendali: essa prevede l’integrazione tra i vari settori e la responsabilizzazione del personale.

Rielaborando, per conto dell’Esercito Italiano, il progetto del monomotore Cessna L-19, Brena realizza l’SM.1019.

A partire dalla seconda metà degli anni ’70, inizia gli studi di un nuovo apparecchio da addestramento militare a getto siglato S.211, con prestazioni e caratteristiche di economia generale che lo pongono ai vertici del panorama aeronautico mondiale.

Nominato Direttore Generale dell’Ente Nazionale dell’Aviazione Civile, ricopre questo prestigioso incarico fino al 1995, quando si ritira dall’attività professionale.

 

gli S.205 dell'Aereo Club d'Italia

gli S.205 dell’Aereo Club d’Italia

La famiglia ‘S.205’
L’S.205 venne sviluppato a partire dal 1964 dall’allora capo progettista SIAI Marchetti Alessandro Brena, che avviò un programma per lo sviluppo di un modello da destinare al mercato dei velivoli da turismo.

Il primo esemplare prodotto, un S.205-18F propulso da un motore Lycoming IO360-A1B6D da 200 CV, volò nel febbraio del 1966 e le consegne iniziarono l’anno seguente.

Successivamente venne sviluppata una versione più potente dotata di motore da 260 CV, denominata S.208.

La produzione venne sospesa nel 1975, ma dal 1977 al 1980 la linea di montaggio fu riaperta per soddisfare un ordine emesso dall’Aero Club d’Italia relativo a 40 esemplari della versione S.205-20R.

L’Aeronautica Militare acquistò 4 esemplari di S.205M da destinare a compiti di collegamento, traino alianti e addestramento al volo nel 1967 e 25 esemplari di S.208M l’anno successivo; nel tempo le 4 macchine della versione precedente furono convertite allo standard S.208M e furono acquistati ulteriori 16 esemplari di questo modello, portando così il totale complessivo a 45 unità, molte delle quali in servizio ancora oggi.

Anche la forza aerea della Tunisia acquisì 4 esemplari della versione S.208A per l’addestramento primario.

L’S.210 doveva poi essere un’interessante evoluzione bimotore della fortunata famiglia S.205 e S.208, rimasto però allo stadio di
prototipo.

 

l'SM.1019

l’SM.1019

L’SM.1019
Il progetto di questo velivolo nacque da un requisito dell’Esercito Italiano per un velivolo da collegamento e ricognizione in grado di decollare e atterrare in spazi ristretti e su piste improvvisate.

Al concorso parteciparono l’Aermacchi con il suo AM.3 e la SIAI Marchetti con un progetto basato su un’elaborazione dello statunitense O-1/L-19 Bird Dog dotato di un nuovo e più potente motore turboelica in luogo dell’originario a pistoni.

La sigla del velivolo venne determinata sostituendo la lettera “L”, decima lettera dell’alfabeto, con il numero 10 e mantenendo il numero 19 per assonanza con “L-19”.

Il prototipo volò per la prima volta il 24 maggio 1969 e nelle valutazioni comparative risultò vincitore sul velivolo Aermacchi, aggiudicandosi una fornitura di 80 esemplari.

Gli SM.1019A, denominazione della versione prodotta in serie, furono ridesignati SM.1019EI ed entrarono in servizio nel 1975 affiancando e sostituendo progressivamente i Bird Dog ed i Piper L-21B nei reparti dell’Aviazione Leggera dell’Esercito.

 

Tratto dal libro PIU’CENTO

La Rinascita

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Negli anni ‘60 escono dalle officine di Vergiate diversi apparecchi da turismo e scuola di progettazione SIAI a cura dell’ing. Brena come l’S.205 (1965), l’S.208 (1967), l’S.202 “Bravo” ed il bimotore S.210 (1970).

Non mancano anche progetti di elicotteri come l’SH-4 o l’interessante SV-20, quest’ultimo messo a punto da uno speciale team costituito all’interno della SIAI Marchetti con a capo l’ing. Bianchi.

Di questo elicottero viene realizzato il simulacro in grandezza naturale ed alcune parti, ma l’assorbimento della SIAI Marchetti da parte del Gruppo Agusta nel 1969 pone fine al programma.

Proprio per conto dell’Agusta vengono assemblati a Vergiate gli elicotteri Boeing Vertol CH-47 “Chinook”, Sikorsky HH3F “Pelican” ed Agusta/Bell AB.412.

 

la ns.SIAI MARCHETTI

la ns.SIAI MARCHETTI

 

L’Esercito Italiano ordina intanto alla SIAI Marchetti un’ottantina di velivoli da ricognizione ad ala alta siglati SM.1019, versione turboelica sviluppata in proprio del famosissimo Cessna L-19 “Bird Dog”.

Ma il vero successo per l’azienda di Sesto Calende arriva con il monoplano da addestramento basico a pistoni SF-260, derivato da un progetto dall’ing. Stelio Frati.

La SIAI Marchetti ne costruisce e consegna oltre ottocento esemplari sia nella versione con motore a pistoni che in quella con motore a turbina.

 

Il mock-up dell'SV-20

Il mock-up dell’SV-20

 

Nel 1983 nove velivoli SF260C, pilotati da collaudatori SIAI Marchetti ed ex piloti delle Frecce Tricolori, prendendo spunto dalla necessità di consegnare i velivoli a clienti statunitensi effettuano una trasvolata atlantica per commemorare il 50° anniversario della Crociera Aerea del Decennale di Italo Balbo del 1933.

La produzione della “Ferrari dei Cieli”, come è stato definito l’SF-260, prosegue anche dopo l’acquisizione di questi progetti da parte di Aermacchi, avvenuta nel 1997.

Altro velivolo del periodo è l’SF-600 Canguro, progettato anch’esso da Stelio Frati, adatto per il trasporto di passeggeri e merci capace di decollare e atterrare in spazi ristretti e su piste sommariamente preparate.

Intanto, il 10 aprile 1981 compie il primo volo l’S.211…

Tratto dal libro PIU’CENTO

La Ripresa

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Il 28 agosto 1951 l’assemblea degli azionisti decide lo scioglimento della società e la nomina di un liquidatore nella persona del dottor Mario Protto…

I lavoratori ed i sindacati iniziano una mobilitazione generale per scongiurare la fine di questa azienda ed il 6 novembre 1951, presso il Ministero del Lavoro, viene sancita la prosecuzione dell’attività e l’assunzione di circa 1.750 lavoratori (alla fine del 1950 erano 3.200).

Lo stato di liquidazione della società dura fino al 20 gennaio 1955 quando, per delibera dell’Assemblea degli Azionisti, viene deciso di dare un futuro alla SIAI Marchetti; proprio nel corso del 1954, la ditta ha acquisito importanti commesse per la riparazione e revisione di apparecchi in dotazione alle forze armate americane di stanza in Europa e nel bacino del Mediterraneo.

Superata la prima crisi occupazionale e di commesse, si realizza su licenza Nardi l’anfibio FN-333 Riviera che viene venduto sul mercato americano e canadese.

l’Anfibio FN-333 Riviera

l’Anfibio FN-333 Riviera

 

Inizialmente costruito dalla ditta F.lli Nardi di Milano nel 1952, questo piccolo velivolo anfibio venne portato in volo solamente nel dicembre del 1955 a causa delle difficoltà economiche connesse con lo sviluppo; per questo motivo, nel marzo del 1959, si preferì cederne i diritti di costruzione alla SIAI Marchetti.

Nonostante il nome ufficiale Riviera, in SIAI fu sempre appellato con il nomignolo di “Nardino”.

Le caratteristiche di volo del Riviera risultarono buone anche se la scarsa portanza richiedeva una elevata velocità in fase di atterraggio.

I primi esemplari furono venduti a clienti americani dopo aver ottenuto nel 1963 la certificazione dalla Federal Aviation Agency ma le previsioni di venderne centinaia di esemplari tra gli Stati Uniti e il Canada, paesi ricchi di laghi, si rivelarono errate e, malgrado i record mondiali ancora imbattuti (stabiliti il 21, 22 e 23 luglio 1960 dal capo collaudatore della ditta Giuseppe Alesini, di velocità sui 500 chilometri e di altezza con 6.950 e 7.189 metri per la categoria velivoli della sottoclasse C-2-c e C-3-c sul percorso Sesona-Cameri-Seveso-Sesona), in realtà ne furono vendute poche decine di unità.

A cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta il presidente della SIAI Marchetti è l’ing. Marchetti, mentre il vicepresidente è il dott. Italo Franzetti.

L’azienda è impegnata nella riparazione, modifica e revisione degli apparecchi plurimotori tipo Fairchild C-119 Flying Boxcar, Lockheed C-130 Hercules ed altri modelli per conto di varie forze aeree italiane ed estere.

Di quegli anni è la costruzione dell’aliante Eolo 3V-1 progettato dall’ing. Bruni e realizzato congiuntamente dalla SIAI Marchetti con i soci del gruppo volovelistico costituitosi al suo interno.

L’azienda nel frattempo è impegnata da qui e negli anni a venire, oltre che nella costruzione di vetture ferroviarie e di metropolitane, in vari programmi internazionali che prevedono la costruzione di varie parti montate sui velivoli Lockheed F-104G e S Starfighter, Aeritalia G.91Y e G.222, Breguet Atlantic, Falcon 10, PANAVIA Tornado, Lockheed L1011 Tristar, per citare i più importanti.

 

Tratto dal libro PIU’CENTO

Tempi Duri

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Nell’immediato dopoguerra, i primi interventi per il salvataggio della SIAI Marchetti tendono a far diminuire le spese e riconvertire la produzione in ambito civile dedicandosi alla realizzazione di mobili, serramenti, biciclette, motociclette, traghetti, motopescherecci, vagoni ferroviari, tram, filobus, rimorchi, oltre a vari lavori di meccanica in conto terzi.

Nel settore “avio” lavorano pochi addetti dediti allo sviluppo del quadrimotore da trasporto civile SM.95 il cui primo volo è stato effettuato nel 1943, mentre la presentazione ufficiale alle autorità avviene nell’aprile 1946 sull’aeroporto di Centocelle, a Roma.

Purtroppo però le commesse del settore civile non consentono la piena occupazione di tutte le maestranze.

La SIAI Marchetti, il 3 agosto 1945 licenzia circa 2.500 dipendenti così che, nel dicembre di quell’anno, il personale impiegato risulta essere di 8.400 unità.

 

l'SM 95

l’SM 95

 

Le clausole armistiziali del trattato di pace vietano poi la navigazione aerea privata e limitano sia la costruzione di velivoli, subordinandola ad una specifica autorizzazione, sia il numero dei velivoli in servizio nella neonata Aeronautica Militare Italiana.

Da sottolineare inoltre che l’industria aeronautica italiana si trova in una condizione di arretratezza tecnologica rispetto alle aziende inglesi ed americane, situazione questa che non le consente di superare solo con le sue forze la crisi del primo dopoguerra.

Il quadrimotore SM.95 è un buon apparecchio, ma è ancora di costruzione lignea con cabina non pressurizzata e quindi fatica ad imporsi nei confronti di un mercato civile che necessita invece di aeroplani moderni per far riprendere il trasporto internazionale di passeggeri e merci.

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Lo Sparviero Perduto

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Il 5 ottobre 1960 un gruppo di geologi italiani, dopo lunghe ricerche, raggiungeva il relitto di un S.79 “Sparviero” disperso durante una missione di siluramento ai danni di un convoglio inglese nel Mediterraneo il 21 aprile 1941.

Le prime notizie relative alla presenza di un relitto, probabilmente italiano, insabbiato nella concessione petrolifera nr. 82 della “CORI” (AGIP), erano giunte nel febbraio del 1969 da parte di un geologo inglese della compagnia “BP”, che sosteneva di aver sorvolato i resti di un velivolo affioranti dalle sabbie durante una missione di rifornimento ai petrolieri sparsi nel deserto libico.

Vennero formate delle squadre di ricerca che rinvennero dapprima i resti di un bimotore inglese e di un quadrimotore americano poi, il 21 luglio 1960, nelle vicinanze della pista Gialo-Giarabud scoprirono i resti di un aviatore e un mazzo di chiavi recante una targhetta “S.79 MM 23881”.

Era la conferma della presenza di un relitto italiano nella zona.

 

Lo Sparviero ritrovato a Volandia

Lo Sparviero ritrovato a Volandia

 

Un caso fortuito volle che all’epoca il capo scalo dell’Alitalia a Tripoli fosse un reduce della 278 Squadriglia Aerosiluranti di base a Bengasi, il quale confermò il mancato rientro dopo un’azione di guerra di un S.79 della sua squadriglia.

L’analisi dei resti rinvenuti nel deserto permise di identificare il sergente maggiore Giovanni Romanini, dichiarato disperso il 23 aprile 1941.

Il 5 ottobre 1960 il trimotore fu ritrovato alle coordinate 23°21’50”N e 28°49’50”E, ad oltre 90 km di distanza dai resti dell’aviatore Romanini.

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L’Aquila dagli Occhi Azzurri

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Nel pieno della guerra, il 15 ottobre 1941, un trimotore SM.84 precipita nei pressi di Somma Lombardo, portandosi via il leggendario collaudatore SIAI Alessandro Passaleva.

‘L’aquila dagli occhi azzurri’, così l’aveva battezzato Gabriele D’Annunzio in una sua dedica, aveva combattuto nella Grande Guerra e nella guerra di Tripolitania presso vari reparti operativi del Regio Esercito, guadagnandosi nel 1919 una Medaglia d’Argento al Valor Militare, e conseguendo inoltre la qualifica di pilota istruttore, rimanendo in carico per alcuni mesi presso la scuola idrovolanti di Sesto Calende.

Dal luglio 1922 viene impiegato presso la S.I.A.I. per sostituire il pilota Gianni Del Mastro perito in un incidente di volo durante il collaudo dell’idrocorsa S.22.

Il Comandante Passaleva si butta a capofitto nella per lui nuova attività di collaudo, messa a punto, consegna e presentazione a potenziali clienti degli apparecchi realizzati dalla SIAI, divenendone in breve tempo capo pilota collaudatore.

 

Passaleva con l'Ing.Marchetti

Passaleva con l’Ing.Marchetti

 

È lui che il 29 agosto 1924 porta in volo per la prima volta il prototipo dell’idrovolante S.55, inizialmente snobbato da Aeronautica ed autorità, ma destinato a diventare leggenda per la SIAI e l’Italia, grazie anche allo stesso Passaleva, che riuscì a far cambiare giudizio su questa macchina, stabilendo con l’S.55 una serie di primati di velocità, quota e distanza.

Con lo scoppio del secondo conflitto mondiale e la SIAI Marchetti sempre più impegnata nella produzione di apparecchi per far fronte allo sforzo bellico del Paese, Passaleva collauda un gran numero di velivoli, sia da trasporto che da combattimento, in pratica quasi tutti i tipi di velivolo realizzati dalla Ditta in quegli anni.

Tutto questo fino al pomeriggio del 15 ottobre 1941, quando il trimotore SM.84 (MM 22506) sul quale Passaleva sta effettuando un volo di routine precipita per cause mai accertate subito dopo il decollo dall’aeroporto di Vergiate, provocando la morte dell’equipaggio.

Nella sua carriera Passaleva ha totalizzato ben 4.064 ore di volo e collaudato 1.458 apparecchi di 21 tipi diversi, lasciando un vivo ricordo tra tutti i dipendenti per la sua professionalità e umanità.

Tratto dal libro PIU’CENTO

Il Periodo Bellico

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A Vergiate, il 5 febbraio 1940, compie il primo volo il trimotore SM.82 Marsupiale, un ottimo aeroplano
multiruolo con grandi capacità di carico, che lo rendono adatto al bombardamento nonché al trasporto
truppa e merci.

L’SM.82 fu uno dei più longevi velivoli utilizzati dall’Aeronautica Militare Italiana, rimanendo
in servizio dal 1938 al 1960.

Conquistò il primato mondiale di velocità sui 10.000 km (con una media di 236,97 km/h) e di distanza su circuito chiuso (con 12.973,77 km percorsi).

Verso la Seconda Guerra Mondiale

Verso la Seconda Guerra Mondiale

Diretto discendente dal trimotore passeggeri SM.75, rispetto a quest’ultimo presentava una fusoliera ridisegnata in grado di ospitare carichi decisamente ingombranti, poiché disposta su due livelli, separati da un pavimento metallico rimovibile all’occorrenza: il ‘Marsupiale’, soprannominato così proprio per le sue capacità di carico, era in grado di trasportare fino a 28 paracadutisti completamente equipaggiati oppure considerevoli quantitativi di materiale bellico o rifornimenti, compresi veicoli e velivoli.

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Verso la Seconda Guerra Mondiale

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Gli aerei della S.I.A.I. vanno in guerra a partire dal 1936.

L’SM.81 fa in tempo ad intervenire negli ultimi giorni della campagna di Abissinia, più a scopo propagandistico che per reali esigenze operative, operando come ricognitore e trasporto oltre che come bombardiere.

Nel corso dello stesso anno proprio il Pipistrello, nomignolo dell’SM.81, è il primo velivolo militare italiano ad essere inviato da Mussolini in aiuto della rivolta del generale Francisco Franco in Spagna, dove opererà intensamente per tutta la durata del conflitto in particolar modo con le squadriglie basate nelle isole Baleari, impegnate a colpire sistematicamente la città di Barcellona.

 

All’epoca della sua entrata in servizio l’SM.81 è uno dei più moderni bombardieri del mondo e, alla vigilia della seconda guerra mondiale, circa 300 esemplari di questo trimotore armano ancora numerose
squadriglie da bombardamento in Africa settentrionale italiana, Albania, Egeo e Africa Orientale Italiana.

Ma la guerra civile spagnola è il ‘banco di prova’ di un altro velivolo S.I.A.I., destinato a diventare leggendario: l’S.79 Sparviero.

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