Gli scambi culturali sono sempre graditi, e dopo che gli ho mandato un po’ del mio ragù alla bolognese il Gianni Macelar ha contraccambiato direttamente dal Villaggio Gallico di Obelix con il suo Ragù di Cinghiale.
Sfatiamo per prima cosa un mito che vede i piatti preparati con il cinghiale forti al palato come una leccata della setola del suino selvaggio e quindi adatti solo per chi ama le sensazioni esagerate: la preparazione che fa il Gianni del suo ragù di cinghiale ne smorza i toni esaltando il gusto ma senza ferire i palati delicati. Un piatto che potrete quindi servire sia a donne, bambini e fighetti senza timore di rigetto.
Veniamo al nostro ragù : ovviamente fatto col sugo rosso, macinato grosso come biglietto da visita del Gianni, omogeneo come solo una bella cottura a fuoco lento riesce a dare.
All’assaggio, come abbiamo detto, è sorprendentemente delicato, nessuna percezione preponderante di selvaggina ma piuttosto il netto sentore dolce della carne suina ma con quel qualcosa in più che solo il cinghiale sa dare. Equilibrati i sentori di spezie e di vino creando un sugo che ben si adatta a mille usi in cucina.
Come prepararlo ? Devo dire che la mia preferenza va come accompagnamento di una bella polenta, sia fresca che gratinata come vedete dalle foto.
La pasta ovviamente è la morte sua, nell’indecisione fra una pasta corta ed una paddardella sposerei quasi la prima, una penna che si riempie bene di sugo o magari un rigatone. In ogni caso meglio una pasta ruvida e senza fronzoli in modo da esaltare il sugo.